top of page

Arianna Lion offre agli sguardi un microcosmo di simboli, dettagli, particolari che si ripetono, si dilatano, giocano poeticamente, delicatamente. Come la carezza di un bambino, come la melodia di una filastrocca infantile, come la brezza che fa rotolare le nuvole. Storia, esistenza riflesse in gracili segni, inattese prelibatezze, minuscoli stupori. Un distillato di memoria e immagini , un tenero universo nel quale ogni cosa pare ricomporsi, inaspettatamente. Immagini di rara bellezza, costruite in punta di piedi. Sogno senza confini né punti d'approdo che plana dolcemente guidato dell'incedere dell'increspatura tremolante che circonda l'anima.
​
Giorgia Romano
​
​
​
​
​
Intervista di Anna Maria Faldini
Arianna Lion, giovane artista di Finale Ligure, racconta la memoria. I ricordi, fuoriuscendo da contenitori ceramici in evoluzioni invisibili, rivelano un profondo sentire, documentati anche dai versi dell’artista. Le sue opere, solo apparentemente statiche, evocano ricordi e sentimenti comuni: dalle bocche delle borse, quasi fossero parlanti, salgono emozioni che si sviluppano, seguendo disegni o plastiche realizzazioni ceramiche, i cui colori volutamente opachi danno il senso visivo della morbidezza del cuoio o del tessuto. Nelle borse e nei contenitori della Lion si può guardare dentro, spiare per immaginare la figura e il pensiero del loro possessore, ma anche leggere nel proprio riflesso e, specchiandosi, immergersi nel proprio profondo sé.
Arianna Lion, quando ha preso coscienza che la sua vita era indissolubilmente legata all’arte?
“Agli inizi mio padre e il suo laboratorio di ceramiche d’arte a Finalborgo, mi hanno trasmesso la sensibilità artistica necessaria. Ho studiato al Liceo Artistico A. Martini di Savona e all’Accademia delle Belle Arti di Perugia. Con una borsa di studio sono andata per sei mesi a Bilbao nei Paesi Baschi. All’Accademia di Brera a Milano ho preso l’abilitazione all’insegnamento e oggi insegno Discipline plastico-scultoree per la scenografia al Liceo Artistico Giordano Bruno di Albenga. Importante per il mio percorso artistico, nel 2005, è stato l’incontro con Milena Milani in occasione di un convegno su Lucio Fontana ad Albisola. Grazie all’intervista che ne è seguita, la scrittrice mi ha incoraggiato a proseguire.
Partendo dal Manifesto del Surrealismo di André Breton, ho scritto le sensazioni poetiche da cui nascono le mie sculture, influenzate anche dal Realismo magico e dai Valori plastici di Arturo Martini. Vicini al mio sentire sono anche gli scritti e le opere di tre artiste Louise Bourgeois, Meret Oppenheim e Cordelia von den Steinen.”
​
La creazione delle sue opere viene guidata da temi e stili precisi?
“Ho costruito un linguaggio legato alla memoria simbolica. I temi sono legati agli oggetti che racchiudono e testimoniano un momento di vita che attraverso la cultura rimane eterno. Riproduco borse da viaggio, valigie, contenitori, pieni di ricordi e sentimenti, che possono appartenere a tutti noi. La poesia mi aiuta molto perché narra delle storie soggettive che hanno dei collegamenti universali.
Attualmente sto facendo delle ricerche sull’umorismo del quotidiano di Jacques Tati.”
​
Quali materiali, quali colori e quali tecniche preferisce usare?
“Utilizzo tutte le argille, di tutti i colori. Parto dalla progettazione fino alla realizzazione tridimensionale oppure a bassorilievo del pezzo. Faccio una cottura tradizionale poi patino il biscotto con pigmenti e cera (tecnica ad incausto).” Spesso rivesto gli interni delle superfici con stoffe damascate, per avvalorare il senso della memoria e il senso di appartenenza.
​
Ha esposto le sue opere in mostre personali e collettive?
“Nel 2008 alla mostra ‘Saturniali d’autore’, a cui sono stata invitata dalla Milani, ho presentato una borsa in terra bianca, ‘Guardami sono io’, e una maschera fatta con legno, cotone sintetico, vetro e specchi che invitavano a guardarsi dentro. Ho partecipato a esposizioni in Francia, Spagna e in Italia, citerò solo l’ultima, dal 1 giugno al 4 luglio di quest’anno, ‘A proposito di donne...’ alla Galleria Conarte, a cui sono stata presente con cinque opere: ‘Gabbia di Venere’, ‘Borsa Ziggurat’, ‘Acquolina’, ‘Piccolo sogno di una grande apolide’, ‘Dialogo di un viaggio’.
Arianna Lion Intervista a cura di Maria Lucia Ferraguti per la Mostra La mia Brera alla Galleria Previati 2022
La sua formazione accademica Le ha aperto opportunità professionali?
La mia formazione è iniziata all’Accademia di Belle Arti di Perugia, dove ho conseguito il Diploma in Scultura, e alla scuola internazionale d’Arte Ceramica con il maestro Romano Ranieri. Ho avuto l’opportunità di ottenere una borsa di studio presso l’Accademia di Belle Arti di Bilbao e, nel 2005, mi sono iscritta all’Accademia di Brera, dove ho conseguito l’abilitazione all’insegnamento. Oggi sono scultrice e insegno Discipline plastiche scultoree e Progettazione scenografica al Liceo Artistico di Albenga (Savona).
L’Accademia l’ha orientata verso i meccanismi del mercato dell’arte?
I miei Maestri mi hanno indirizzata verso il rigore e l’impegno professionale, guidandomi verso una maturità artistica e professionale che si riflette nella mia produzione creativa. Parte del mio lavoro è rappresentato dalla storica Galleria d’Arte “Il Quadrifoglio” di Siracusa e dalla Galleria “Question Mark” di Milano. Personalità del mondo dell’arte seguono con interesse il mio percorso; tra queste, la scrittrice e artista Milena Milani e l’importante collezionista Elizabeth A. Sackler, del Center for Feminist Art di New York, che ha acquistato la mia opera Il piccolo sogno di una grande Apolide. La mia ricerca artistica esplora materiali come ceramica, resina, bronzo bianco e legno, interpretando un’alta figuratività legata alla simbologia dell’oggetto.
Quali valori artistici e formativi Le sono stati trasmessi dai docenti dell’Accademia di Belle Arti di Brera?
Sebbene non abbia avuto l’opportunità di conoscere di persona Maestri come Francesco Messina, Fausto Melotti, Marino Marini, Alik Cavaliere, Lucio Fontana e Pietro Cascella, il loro studio e le loro opere hanno avuto un profondo impatto sulla mia crescita artistica e personale.
Gli insegnamenti ricevuti hanno contribuito a sviluppare in Lei una coscienza critica?
La formazione culturale approfondita mi ha donato quell’onestà critica che distingue chi si dedica alla ricerca autentica, alla riflessione critica e all’osservazione costante. Provo una certa amarezza verso chi, nel mondo dell’arte, ignora la dedizione e la serietà che si costruiscono solo attraverso anni di studio e lavoro appassionato.
L’ambiente accademico ha influenzato la Sua crescita?
Tra il 2005 e il 2008, alcuni docenti provenienti da altri atenei, come il pedagogista Marco Dallari, mi hanno arricchita con una nuova dimensione estetica legata alla Paideia, portandomi a scoperte innovative e fondamentali per la mia formazione. Credo fermamente che il sapere passi attraverso l’emozione, stimolando lo sviluppo delle facoltà mentali.
Ha mantenuto legami con i Suoi ex compagni dell’Accademia?
Ho avuto la fortuna di incontrare compagni di Brera animati dalla stessa passione per l’arte. Ritrovarli oggi è sempre una grande gioia e fonte di ispirazione.










bottom of page